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The Human Scale

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“Life Between Buildings” o “Buildings Between Life”. L’interrogativo-cardine attorno cui ruota l’intera produzione architettonica di Jan Gehl.

Un dilemma che richiama i teoremi della sociologia urbana, le considerazioni di grandi autori come Weber e Durkheim sul legame tra urbanizzazione incontrollata e sentimenti di alienazione o anonimato.

Quanto la qualità della progettazione urbanistica possa influire sul nostro umore, sulla considerazione di noi stessi e sul nostro stile di vita, non è facile da immaginare.

Gehl, con Human Scale, ci fornisce alcuni piccoli strumenti per imparare a compiere le prime riflessioni. La parola d’ordine è Osservazione.

Come vengono utilizzate le strade? Come camminano, come si spostano, come si rilassano, dove s’incontrano e come interagiscono le persone?

Proiettando il soggetto umano al centro dell’intera equazione, è possibile creare città ideali a misura d’uomo.

È proprio la Copenhagen di Gehl l’esempio per eccellenza della materializzazione della scala umana. In tutto il mondo, città come Melbourne, Dhaka, New York, Chongqing e Christchurch s’ispirano ai suoi modelli di progettazione urbanistica nella capitale danese.

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